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I FINALISTI DEL PREMIO STREGA 2022

È stato annunciato, lo scorso 8 giugno, l’esito finale della prima votazione del Premio Strega 2022, promosso dalla Fondazione Maria e Goffredo Bellonci e da Liquore Strega.

Per la prima volta nella storia accedono alla finale del Premio sette libri anziché cinque. Il totale dei voti espressi dai 400 Amici della Domenica e dai 30 Istituti italiani di cultura all’estero ha determinato i seguenti finalisti della LXXVI edizione: Spatriati di Mario Desiati (Einaudi), Quel maledetto Vronskij di Claudio Piersanti (Rizzoli), Randagi di Marco Amerighi (Bollati Boringhieri), Niente di vero di Veronica Raimo (Einaudi), Nova di Fabio Bacà (Adelphi), E poi saremo salvi di Alessandra Carati (Mondadori), e Nina sull’argine di Veronica Galletta (minimum fax).

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A giugno gli autori candidati e finalisti alla LXXVI edizione del Premio Strega saranno ospiti di festival e manifestazioni culturali in tutta Italia. L’elezione del vincitore si svolgerà giovedì 7 luglio al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma.

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1) Mario Desiati, Spatriati, Einaudi

Presentato da Alessandro Piperno

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“Ecco, a mio giudizio, Spatriati è il suo libro migliore, il fiore della maturità, quello in cui i temi, le atmosfere e lo stile raggiungono una sintonia incantevole. C’è qualcosa allo stesso tempo di magico e sinistro nel pezzo di Puglia dove nascono, vivono e soffrono i personaggi di Desiati quasi tutti provenienti dalla piccola borghesia rurale.

 

2) Claudio Piersanti, Quel maledetto Vronskij, Rizzoli

Presentato da Renata Colorni

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anche in questo libro, Claudio Piersanti dà senso e spazio al mistero del silenzio e della solitudine, dimensioni fondative dei rapporti umani. Tutto questo grazie alla raffinatezza del suo intuito psicologico e alle risorse stilistiche innate della sua scrittura, che derivano da una lingua che ha la limpidezza del cristallo e da una straordinaria naturalezza e versatilità espressiva.

 

3) Marco Amerighi, Randagi, Bollati Boringhieri

Presentato da Silvia Ballestra

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Randagi è una storia in grado di cogliere l’essenza di un tempo e dei giovani che, impotenti e spaesati, lo hanno abitato. Personaggi memorabili e una lingua bella e tornita, quella di Amerighi, che con misura e sapienza ci regala echi luminosi e ironici di toscanità anche classica. Un romanzo importante, libero, vitale, caratterizzato da un’affabulazione felice e trascinante, ricca e compiuta.

 

4) Veronica Raimo, Niente di vero, Einaudi

Presentato da Domenico Procacci

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Veronica Raimo ha un talento prezioso, scrive di cose serie, profonde, talvolta sconcertanti, con uno stile ironico e brillante. Niente di vero è uno spaccato tagliente di una famiglia italiana che ci somiglia, in cui la voce narrante smonta continuamente gli aspetti più canonici dello stare insieme per diritto di sangue, così come demolisce ogni retorica consolatoria, con una scrittura libera, spudorata e irresistibile.

 

5) Fabio Bacà, Nova, Adelphi

Presentato da Diego De Silva

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Parla di violenza e di vigliaccheria. A queste due categorie inflazionate dall’etica restituisce un senso culturale molto più autentico e comunemente sottostimato. La scrittura ha una puntualità e un’esattezza che mi hanno confermato il valore di un autore che oggi trovo ancora più forte di quando l’ho conosciuto.

 

6) Alessandra Carati, E poi saremo salvi, Mondadori

Presentato da Andrea Vitali

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La storia che narra è una catena priva di anelli deboli. Il lettore goloso di novità vi trova di che soddisfare il suo appetito, il neofita potrebbe usare E saremo salvi come viatico per entrare con stupore nel mondo in cui una penna riesce a raccontare il bello e il brutto della vita, i ricatti dei sentimenti, la necessità dell’egoismo quando si sta per affogare.

 

 7) Veronica Galletta, Nina sull’argine, Minimum fax

Presentato da Gianluca Lioni

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Ingegnere alla sua prima grande opera di costruzione, emigrata dalla Sicilia in un immaginario paese del profondo nord, Caterina, detta “Nina”, è chiamata a dirigere i lavori sull’argine di Spina. Si ritrova catapultata dal nitore della teoria alle contraddizioni e all’imperfezione della pratica. La costruzione di un argine si rivela quindi una metafora del nostro tempo, del senso di smarrimento e vulnerabilità individuale e collettivo che attraversa la nostra società.

FONTE: https://www.premiostrega.it/