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10.14 Conferenza: Il linguaggio è l’unica comunità possibile

Nell’ambito della XIX Settimana della Lingua Italiana nel Mondo, il 14 ottobre la scrittrice italiana Viola Di Grado tiene una conferenza per gli studenti d’italiano, intitolata Il linguaggio è l’unica comunità possibile, moderata dal prof. Claudio Senni, presso la Shanghai International Studies University, Songjiang Campus, aula 3403.

Alla conferenza verrà trattata la cultura italiana, soprattutto la cultura dell’Italia meridionale attraverso la presentazione del suo nuovo libro Fuoco al Cielo.

Viola Di Grado è una degli 11 scrittori internazionali invitati a partecipare alla 2019 edizione della Shanghai Writing Program organizzata dall’Associazione degli Scrittori dello Shanghai, con il tema Imagining community, inaugurata il 20 settembre. 

Bio:

Viola Di Grado nasce nel 1987.

Si laurea in filosofie dell’Asia Orientale alla University of London. Il suo romanzo d’esordio “Settanta acrilico trenta lana” (Edizioni e/o, 2011), scritto a 22 anni, vince il Premio Campiello Opera Prima per “l’invenzione linguistica spinta fino alla visionarietà”. Vince il Premio Rapallo Carige Opera Prima ed è tra i dodici finalisti del Premio Strega.

​Viene tradotto in dieci paesi.

​Nel 2012 è tra i 10 romanzi più venduti negli Stati Uniti secondo la classifica del Marin Independent Journal.

Nel 2013 Di Grado pubblica il suo secondo romanzo, “Cuore cavo” (Edizioni e/o, 2013), vince la Civitella Ranieri Fellowship per lavorare al suo terzo ed è tra gli autori prescelti per l’apertura del Vancouver Writers Fest. Nello stesso anno esce “Il Superuovo” (Feltrinelli – Zoom, 2013) e Di Grado è inclusa tra “gli scrittori più rappresentativi degli ultimi decenni” negli “esempi d’autore” del Dizionario Garzanti 2013.

​Nel 2014 “Settanta acrilico trenta lana” è selezionato tra i finalisti dell’International IMPAC Dublin Literary Award.

Nel 2016 “Cuore cavo” è tra i cinque finalisti del PEN Literary Award.

​Nello stesso anno, in seguito all’acquisizione di RCS Libri da parte di Mondadori, Di Grado decide di rompere il contratto appena firmato con Bompiani e seguire Elisabetta Sgarbi ed Umberto Eco nel loro nuovo marchio editoriale, “La nave di Teseo”, creato per contrastare il monopolio editoriale senza precedenti che si era venuto a creare e sostenere la libertà e pluralità della letteratura.

​Ad aprile 2016 esce “Bambini di ferro” (La Nave di Teseo, 2016), un romanzo distopico ambientato in un Giappone del prossimo futuro, in “un mondo in cui il gesto d’affetto non è più spontaneo, deve essere ricreato artificialmente. Un mondo dove l’amore viene affidato a dei dispositivi, solo loro in grado di fornirlo.”

​”Fuoco al cielo”, ispirato ad un fatto di cronaca che ha disorientato il mondo, esce il 21 marzo 2019. “Serviva la penna di Viola Di Grado-commenta Fabrizio Ottaviani su Il Giornale- per raccontare una delle vicende più atroci del Novecento, quella delle ventotto «città segrete» sovietiche contaminate dalle radiazioni”.

​Due dei temi principali trattati da Di Grado sono l’incomunicabilità e l’alienazione, esplorati attraverso una ricerca linguistica che si avvale di “sottili smottamenti anaforici” e il ricorso a una moltitudine di linguaggi simbolici, tra cui quello delle scritture ideografiche. Nel corso di un’intervista su Fahrenheit su Radio Tre, Di Grado afferma di voler “dimenticare il linguaggio” e cita il filosofo cinese taoista Zhuangzi: “Il linguaggio è una trappola per pesci: quando hai preso i pesci devi dimenticare la trappola”. Cuore cavo racconta la vita di una venticinquenne dopo il proprio suicidio: Di Grado riferisce di aver voluto esplorare la perdita dei confini dell’io e di aver voluto abbattere la barriera che separa vita e morte nelle culture occidentali, presentando la morte “non come evento, ma come quello che in realtà è: un processo.” La “chirurgia antiestetica” (l’atto della protagonista di Settanta acriilico trenta lana di tagliare vestiti e ricomporli con l’intento di deturparli) è invece uno dei filoni simbolici del primo romanzo: in un’intervista rilasciata a El País, Di Grado spiega che l’atto rappresenta “una ribellione non solo contro il concetto di moda ma in genere contro la possibilità di condividere qualsiasi tipo di identità”.