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Italiano, la lingua dell’Opera: “O mio Babbino Caro”: dal “Gianni Schicchi” al genio di Giacomo Puccini. Musiche e arie dal Concerto inaugurale del 20 gennaio 2022

L’Istituto Italiano di Cultura di Shanghai è lieto di presentare alcune musiche e arie dal concerto inaugurale del ricco e variegato programma “Italiano, la lingua dell’Opera: musiche, arie e classici”, tenuto il 17 febbraio 2022. La Shanghai Nova Sinfonietta Orchestra e le voci del tenore Li Jianlin, della soprano Li Mengshi e del baritono Wang Baopeng, dirette dal Maestro Roberto Fiore, hanno eseguito una selezione di memorabili componimenti operistici dei grandi maestri italiani, tra cui Giovanni Paisiello, Vincenzo Bellini, Gaetano Donizetti, Gioacchino Rossini, Giuseppe Verdi e Giacomo Puccini.

Si comincia con “O mio Babbino Caro”, una tra le arie d’opera della storia della musica più conosciute al mondo. Una composizione di Giacomo Puccini, musicista italiano vissuto a cavallo tra Otto e Novecento, che ha segnato con il suo lavoro la storia del teatro musicale mondiale. In tutti i teatri d’opera del mondo le composizioni di Puccini sono messe in scena ciclicamente ogni anno, fra cui le più famose sono sicuramente Bohème, Madama Butterfly, Tosca e Turandot. Storie di donne che affrontano diversi destini e che grazie ad un fascino speciale rimangono impresse nella mente degli spettatori di diverse nazioni e origini culturali, rendendo ogni aria espressione fortissima di un’estetica universale che non viene più dimenticata da chi l’ascolta.

Puccini, italiano per nascita e per formazione musicale, è oggi un compositore di fama internazionale, che conserva caratteristiche musicali che appartengono alla tradizione operistica italiana. Forte è il suo legame col teatro di Verdi. I due operisti italiani più popolari sono accomunati dalla ricerca della massima sintesi drammatica e dell’esatto dosaggio dei tempi teatrali sul metro del percorso emotivo dello spettatore.

La profonda dialettica fra tempo reale e tempo psicologico è una delle grandi caratteristiche della scuola operistica italiana. Dinamica che nei primi secoli dell’opera si manifestava nella contrapposizione tra recitativo (momento in cui si sviluppa l’azione) e aria (espressione di uno stato d’animo dilatata nel tempo). Le opere di Puccini, invece, contengono numerosi episodi chiusi nei quali il tempo dell’azione appare rallentato se non addirittura sospeso: come nella scena dell’ingresso di Butterfly, con il canto irreale da fuori scena della geisha intenta a salire la collina di Nagasaki per raggiungere il nido nuziale; e come nella preghiera che Lauretta fa a suo padre in “O Mio Babbino Caro”, un momento slegato totalmente dal tempo reale, tanto da renderlo quasi un brano a sé.

Gianni Schicchi è un’opera comica legata agli anni in cui Puccini componeva per il Metropolitan Theater di New York. Il libretto è di Giovacchino Forzano basato su un episodio del Canto XXX dell’Inferno di Dante (vv. 22-48). Opera che espone un intrigo e una beffa, dove Gianni Schicchi si trova al centro della querelle come attore principale.

O Mio Babbino Caro” è la preghiera della figlia di Gianni Schicchi, Lauretta, che prega il padre di riprendere la retta via e cercare di stemperare la tensione tra la sua famiglia e quella di Rinuccio, suo amante, evitando una disputa fra le due famiglie. Un’aria semplice, tecnicamente abbastanza lineare, con un’estensione non troppo acuta, tant’è che spesso viene studiata durante i primi anni dai giovani cantanti. Eppure, dietro tutta questa semplicità, Puccini crea una piccola gemma che proprio per le sue caratteristiche riesce a colpire e inspirare. L’andamento del ritmo di 6/8, conferisce alla melodia un senso ondulante e permette alla soprano di prendersi varie licenze artistiche, rallentando il tempo a piacere senza sconvolgere il senso melodico. Il testo ci fa intendere come la preghiera della figlia verso il padre potrebbe essere sintetizzata in una richiesta profonda, un’ammenda per qualcosa di grande, portando alla luce un grande struggimento per il suo amore verso Rinuccio. Nelle liriche Lauretta ipotizza un suicidio se tutto dovesse finire con quel “vorrei morir” alla fine del primo verso, una nota drammatica importante, che non viene spesso messa in luce durante l’analisi dell’aria, così come la difesa del sentimento amoroso che ritroviamo in vari lavori di Puccini. Non è un’aria d’amore verso il proprio padre, come a volte si potrebbe pensare dato il titolo, ma una richiesta per richiamare un senso di pietà profonda per un grande amore.
Bravissima la soprano Li Mengshi a interpretarla con grazia ed eleganza.